Donare il corpo alla scienza
- Edoardo Rosati
- 9 mag
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 9 mag
Sappiamo quanto l’Italia abbia coltivato un rapporto speciale con la medicina e le scienze umane. E quanto la perlustrazione diretta del nostro corpo sia elemento imprescindibile per l’evoluzione delle conoscenze anatomiche e il progresso della pratica chirurgica. Eppure, c’è un aspetto sostanziale della formazione medica che, per decenni, è stato relegato in secondo piano: lo studio dell’anatomia attraverso l’esplorazione diretta del corpo.
A Bologna un gruppo di menti appassionate ha voluto accendere i riflettori proprio su questo sentito tema cruciale. Tutto grazie alla visione lungimirante del professor Giovanni Mazzotti. Nato nel 1948 a Ravenna, si dedicò all’insegnamento di questa disciplina mosso da uno slancio entusiasta, che trascendeva i confini della semplice didattica. Sognava un futuro in cui gli studenti potessero acquisire una conoscenza profonda e pratica del corpo umano grazie a strutture all’avanguardia e a un approccio pedagogico innovativo. Consapevole delle carenze del sistema italico, decise di agire in prima persona, recandosi oltreoceano per formarsi presso le migliori istituzioni. L’obiettivo? Ambizioso: forgiare un ambiente di apprendimento stimolante, coinvolgente, dove i medici di domani potessero sondare con “mano” la complessità mirabile delle architetture corporee.
Sebbene Mazzotti non abbia potuto ammirare il completamento di questo disegno (si spense nel 2011), la sala settoria concepita e progettata assieme ai suoi allievi porta oggi il suo nome, tangibile testimonianza dell’energico impegno del Maestro.
«Oggi quella sala anatomica è una solida realtà all’interno del nostro Istituto di Anatomia umana di Bologna: inaugurata nel 2014, è un gioiello dotato delle più avanzate tecnologie audio-video-endoscopiche, dove gli studenti possono accostarsi allo studio del corpo umano per un apprendimento anatomico e un’acquisizione di competenze chirurgiche davvero eccellenti», commenta la professoressa Lucia Manzoli, direttrice del Centro di Anatomia clinica e chirurgica sperimentale e molecolare dell’università felsinea. In questa sala settoria, la strumentazione hi-tech consente la trasmissione delle attività di studio non solo all’interno dei locali del Centro, ma anche a distanza, promuovendo così un proficuo scambio di conoscenze.
Attenzione, quel «davvero eccellenti» non è affatto un cliché: ci troviamo di fronte a una realtà che, senza esagerazione, sovverte veramente ogni aspettativa e ridefinisce gli standard. Sì, perché oggi è possibile riprodurre interventi chirurgici complessi con un realismo sorprendente, anche in virtù di una tecnologia francese che consente la rivascolarizzazione (cioè il ripristino di una circolazione sanguigna sfruttando un “sosia” artificiale del sangue) nel corpo esaminato sul tavolo settorio. Tutto ciò instilla negli allievi un profondo senso di rispetto e responsabilità. In estrema sintesi, qui si pratica l’arte di simulare la vita per insegnare a custodirla.
Ma i corpi donati da dove provengono?
Ecco l’altro formidabile tassello della storia: costituiscono il frutto virtuoso della generosità di chi decide di donare il proprio corpo alla scienza.
«L’Istituto di Anatomia umana di Bologna è stato un autentico pioniere in questo campo, sensibilizzando la popolazione e raccogliendo oltre 430 donazioni dal 2014 al 2020, anno in cui è stata poi varata la legge 10/2020, che finalmente ha disciplinato la norma relativa alla disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, formazione e ricerca scientifica», spiega la professoressa Manzoli.
Vogliamo menzionare qualche aspetto cruciale di tale normativa. Per donare il corpo occorre il consenso, bisogna cioè esprimere la propria volontà in modo formale, con un documento simile a quello utilizzato nelle disposizioni anticipate di trattamento (DAT): può essere redatto da un notaio con atto pubblico oppure con scrittura privata (autenticata da un pubblico ufficiale o consegnata all’Anagrafe del Comune di residenza). Il documento andrà poi affidato all’azienda sanitaria di appartenenza, che lo custodisce e trasmette per via telematica alla Banca dati nazionale destinata alle donazioni del corpo e istituita presso il Ministero della Salute. La dichiarazione di consenso deve altresì indicare un fiduciario (ed eventualmente un suo sostituto), cui spetta l’onere di comunicare al medico che accerta il decesso l’esistenza del benestare. Il Ministero della Salute ha individuato a oggi una decina di centri di riferimento, tra strutture universitarie, aziende ospedaliere di alta specializzazione e Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), per la conservazione e l’impiego dei corpi donati (e il Centro di Anatomia bolognese spicca fra questi).
Tali strutture sono tenute a restituire la salma alla famiglia in condizioni dignitose entro dodici mesi dalla consegna e provvederanno a coprire le spese per il trasporto del corpo, dal momento del decesso fino alla sua restituzione, nonché i costi relativi alla tumulazione. Per finire, il donatore può annullare la sua decisione in qualsiasi momento e con le stesse formalità indicate per esprimerla.
«L’analisi anatomica pratica sul cadavere», commenta la professoressa Manzoli, «è un pilastro insostituibile nella formazione medica, essenziale per plasmare professionisti non solo competenti, ma anche consapevoli della sacralità della vita umana che sono chiamati a preservare. Per tale motivo, ci siamo sempre impegnati a informare la cittadinanza sull’importanza della donazione del corpo alla scienza, affinché tutti siano consapevoli di questa possibilità e comprendano il valore immenso di una decisione così altruistica».
Per la cronaca, a Bologna, giovedì 15 maggio 2025, l’Aula Magna di Santa Lucia (in via Castiglione 36) sarà teatro di un appuntamento di forte rilievo: il convegno Donare il corpo alla scienza - La potenza della generosità. Un’occasione di riflessione pubblica che segnerà anche il lancio ufficiale della prima campagna nazionale di sensibilizzazione sul valore di destinare il proprio corpo alla ricerca e alla formazione scientifica, promossa dalla Regione Emilia-Romagna con il sostegno del Ministero della Salute e in collaborazione con l’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna.
Offrire il corpo alla ricerca scientifica è come dichiarare la propria devozione alla vita. Un gesto che non fa rumore, ma parla al cuore di chi sa ascoltare. Anche dopo la morte, si può continuare a lasciare una traccia positiva nel mondo, contribuendo a costruirne uno migliore.
È il segno tangibile di un’esistenza che non si spegne del tutto, ma si intreccia con il futuro dell’umanità, generando valore, sapere, speranza. Un legame profondo con chi resta, una forma di altruismo che oltrepassa il tempo e lo spazio.
È un atto di fiducia: nella scienza, nella medicina, nell’intelligenza collettiva dell’essere umano. Non è un addio, ma un passaggio di testimone. Un modo nobile e consapevole per restare, per esserci ancora, nei gesti e nelle competenze di coloro che verranno.
La conoscenza che nasce da questo dono si espande come onde in uno stagno, toccando esistenze lontane, sconosciute, imprevedibili. Ogni corpo offerto alla scienza diventa un libro prezioso, una mappa viva per mani giovani che stanno imparando a salvare vite.
Quel corpo sarà la prima sala operatoria di uno studente, il primo battito d’orgoglio di un futuro medico o chirurgo. Un giorno, grazie a quel gesto filantropico, qualcuno vivrà. E questo, forse, è il più travolgente atto d’amore possibile.
Il Centro di Anatomia dell’Università di Bologna, con le sue sale settorie provviste di strumenti di altissima tecnologia, incarna un esempio luminoso di come l’innovazione possa da un lato arricchire la didattica e dall’altro rendere omaggio alla magnanimità di coloro che elargiscono il proprio corpo al sapere medico. E per diffondere questo messaggio così pervasivo, è stata creata un’opera a fumetti: si intitola Il primo paziente - La donazione del corpo alla scienza in graphic novel (Tunué). Unisce le parole ai disegni e nasce dalla sinergia tra l’Università e l’Accademia di Belle Arti di Bologna, sotto l’egida di Graphic Medicine Italia, un’associazione culturale fondata e presieduta dai bolognesi Stefano Ratti, professore ordinario di Anatomia umana, e Veronica Moretti, professoressa associata in Sociologia, con lo scopo di declinare i temi sfaccettati della salute attraverso l’arte fumettistica.
Il motivo di quel particolare titolo? Perché è proprio il corpo offerto alla scienza il primo paziente che ogni medico incontra all’inizio del suo cammino. Non un oggetto inerte, non un semplice supporto didattico, ma una persona vera, che affida silenziosamente la propria unicità a chi un giorno curerà e guarirà. Una scelta che non si dimentica, perché non si limita a trasmettere nozioni di anatomia: insegna che cosa significa assumersi una responsabilità e riconoscere il valore esclusivo di ogni esistenza. È un dono anonimo, sì, ma capace di lasciare un’impronta indelebile. Perché è un’eredità che attraversa il tempo. E continuerà a formare mani, menti e coscienze.

Comments